Cenni critici
…. Elisa preferisce la tecnica di quel disegnar pittorico,che è propria della sanguigna, il cui segno vibrante asseconda la vocazione a rappresentare figure ancora implicate nel segreto dell’essere, figure di fanciulli e adolescenti, o volti di adulti che in segreto sembrano ancora partecipi. Ad essi la tecnica del “ segno atmosferico” e quella del “segno incrociato” conferiscono la parvenza del fantasma psicologico senza che per questo sia smarrito il nitore dell’immagine, la quale vibra – espressione è di Kandisnsky- “ come un violino ben suonato”.
Nitore, trasparenze, pulviscolo luminoso che fa palpitare il fondo: questi gli elementi che determinano il quieto spessore d’anima proprio delle carte più intense di Elisa, dove la figura, grazie all’uso frequente della sanguigna, magari combinata con biacca e carboncino, non ricevendo spessore dalla fisicità dell’ombra, che è assente, assume per se stessa un carattere atmosferico senza l’integrazione condizionante di elementi esterni.
Nelle riuscite più felici, rappresentate in gran parte, come si diceva, da ritratti di fanciulli e adolescenti, la trasparenza dell’anima - giova ribadirlo – non è da intendere tanto in senso psicologico quanto piuttosto come semplice e immediata inquietudine dell’essere ….Pietro Bonfiglioli
…. Le “figure”, trattate pittoricamente, sono altra cosa dalla realtà e altra cosa dalla fotografia.
Elisa inventa una realtà propria, retta da forme autonome, libere leggi: la natura, l’emozione, debbono essere personalizzate dalla mente, arbitra del dipinto …
Il ritratto diviene sempre più un fatto intellettivo … i tratti somatici riferibili sulla tela debbono sostenere la verità, intima, segreta, misteriosa, del carattere del personaggio … Il ritratto ha un significato fisiognomico, ma il significante viene dall’interiorità intravvista, supposta, pedinata, cocciutamente, come faceva Proust con i suoi personaggi letterari ….Luigi Serravalli
… Si dice che lo studio di un’artista sia l’interno di un’anima. Quella di Elisa Tobia pare intessuta nella luminosità di un ambiente a diretto contatto con l’aria.
Lo studio non è lontano dalle Due Torri, è alle spalle di un antico e possente palazzo. I vicoli che l’attorniano sono vene destinate a far convergere umori periferici nel grande cuore del centro storico di Bologna. Qui, in una collocazione destinata ad inebriarsi nel vermiglio delle tegole, la pittrice appunta la propria esistenza su fogli e tele misurandosi anche con diverse espressioni della creatività, quali la musica e la poesia, assumendo un rapporto dialogico con le note che spesso sottendono movimenti del linguaggio visivo.
“… La musique est comme la peintre”, diceva Francis Picabia, e nello studio le risonanze cromatiche si uniscono, si fondono alle note del pianoforte e di altri strumenti musicali. Come amava fare il Domenichino, maestro incantato della musica, anche Elisa riporta sulla tela strumenti musicali, le cui forme evocano risonanze che, nei dipinti, invadono ampi paesaggi marini, dilatandosi fino all’orizzonte.
… La striscia dei lavori appesi alle pareti ritma il tempo; ogni ritratto, ogni volto sono un momento della propria esistenza, ogni sguardo la conoscenza di una persona.
Da molti anni Elisa legge la vita negli sguardi delle persone, sguardi visti in trasparenza, come in una filigrana, sguardi interpretati per rendere evidenti emozioni e stati d’animo. … Le molte persone ritratte, nel silenzio che sempre avvolge lo studio, uniscono le loro voci al linguaggio fonico-musicale dei “Canti Orfici” di Dino Campana, al vibrare degli strumenti, alle risonanze delle conchiglie e delle onde. Ci ricordano che una nota è un istante. Un tocco di colore è un istante. Un istante può racchiudere il senso di una vita ….Franco Basile